
Il particolato sospeso nell’aria
Avete presente la “foschia” che talvolta sembra rendere più opaco il cielo nei giorni di sole? Bene, oltre a deturpare l’azzurro del firmamento, quella foschia fa male alla vostra salute, più male – purtroppo – di quanto possiate immaginare. Il principale responsabile del fenomeno ha una sigla anonima, PM2.5, acronimo di particulate matter 2.5, che definisce le particelle sospese nell’aria di dimensione inferiore a 2,5 micron di diametro (un micron corrisponde a un milionesimo di metro). In italiano le chiamiamo “polveri sottili” e, proprio in virtù della loro dimensione, sono estremamente pericolose, perché se respirate sono in grado di penetrare molto in profondità nelle vie aree, fino a raggiungere gli alveoli polmonari e da qui entrare nel flusso sanguigno, dove raggiungono tutti gli organi del corpo.
Tanti, troppi morti
La comunità scientifica ha indagato a lungo gli effetti delle polveri sottili sulla salute: un nuovo studio, condotto da un’équipe di ricercatori giapponesi e pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha recentemente mostrato che l’esposizione alle polveri sottili è responsabile di circa 4 milioni di morti l’anno. E ha puntato il dito contro i paesi più ricchi: le nazioni che fanno parte del G20, dicono gli scienziati, sono personalmente responsabili di oltre la metà di tutte le morti dovute alle polveri sottili. Detto in un altro modo, suona ancora più inquietante: ogni gruppo di 28 persone residenti in uno dei venti paesi più ricchi al mondo è responsabile, a causa dell’inquinamento che produce (direttamente o indirettamente: lo vedremo tra un attimo), della morte di una persona.
I ricchi inquinano, i poveri muoiono
Come se non fosse sufficienti a sentirsi abbastanza colpevoli, c’è dell’altro: “La maggior parte delle morti dovute all’esposizione alle polveri sottili”, spiega Keisuke Nansai, direttore di ricerca al Material Flow Innovation Research Program del National Institute for Environmental Studies giapponese, uno degli autori del lavoro, “si registra in nazioni in via di sviluppo, e senza un coordinamento internazionale la situazione peggiorerà presto”. Come dire: non soltanto noi paesi ricchi inquiniamo più degli altri, ma sono gli altri a pagarne più di noi le conseguenze.
Chi produce e chi consuma
Stimare chi inquina di più, in realtà, non è facile come sembra, anche perché la maggior parte delle nazioni, pur riconoscendo genericamente il proprio contributo all’emissione di polveri sottili, tende a minimizzarne la quantità e ad attribuire la responsabilità agli altri. Gli elementi che contribuiscono all’emissione delle polveri sottili sono sostanzialmente due: la loro produzione diretta, soprattutto da parte di impianti industriali e autoveicoli circolanti, e i consumi della popolazione (per esempio il riscaldamento utilizzato nelle abitazioni e negli uffici, l’energia elettrica per l’illuminazione e l’aria condizionata, etc.). Il secondo fattore, naturalmente, è molto più difficile da stimare rispetto al primo, e, dice Nansai, “è una questione vitale”: a differenza della produzione diretta, che ha conseguenze immediate dapprima sulla specifica nazione e poi su quelle vicine, il consumo può “originarsi” in nazioni molto diverse ed avere effetti limitati sulla nazione che consuma. “Per ridurre l’inquinamento dovuto alla produzione diretta”, spiega l’esperto, “bisogna implementare misure di riduzione delle emissioni di PM2.5 condivise tra paesi confinanti, il che è abbastanza semplice. Ma una cooperazione di questo tipo diventa molto più difficile quando si deve affrontare il problema del consumo, perché in questo caso bisogna mettere d’accordo nazioni geograficamente molto lontane”.
I più colpiti sono i bambini
Per stimare quantitativamente gli effetti inquinanti dovuti al solo consumo, il gruppo di ricercatori ha interrogato Eora, un database messo a punto circa dieci anni fa per misurare le catene di approvvigionamento di tutto il mondo: in questo modo gli scienziati hanno osservato, com’era prevedibile, che i consumi delle nazioni più ricche al mondo, in primo luogo Stati Uniti e Regno Unito, provocano un numero significativo di morti dovute all’inquinamento in nazioni lontane, come Cina e India. Un effetto particolarmente devastante per i bambini: “Abbiamo scoperto”, continua l’esperto, “che il consumo delle nazioni del G20 è stato responsabile di 78mila morti premature di bambini sotto i cinque anni in tutto il mondo”, mentre nelle nazioni del G20 la maggior parte delle morti premature dovute all’inquinamento erano concentrate tra gli ultrasettantenni. Bisogna agire, e subito.